C’è un fil rouge che unisce i miei libri: il divenire delle società moderne, a partire dal XIV secolo. Naturalmente non c’è anno, episodio, circostanza che non abbia apportato un qualche contributo all’incedere della storia umana, ma il Trecento, a mio opinabilissimo modo di vedere, segna una svolta non da poco. Con la Guerra dei Cent’anni nascono in Europa gli stati nazionali a monarchia assoluta. L’Italia segue un altro percorso che caratterizzerà i quattro secoli successivi della nostra storia. La nostra Penisola, in scia con l’esperienza dei Comuni e Signorie, mutuerà un sistema statuale regionalistico che durerà sino al 1861, anno dell’Unità Nazionale. In questo lasso di tempo l’Italia ha sviluppato i particolarismi in tutti gli aspetti economici, legislativi, culturali, sociologici che hanno contribuito a farne un Paese originale nel panorama europeo. Tale originalità è una medaglie a due facce: da una parte i particolarismi hanno contribuito a creare diversità, bellezza, arte e originalità in tutti i campi dello scibile. Mentre l’altra faccia, ingabbiata nei particolarismi, ha allontanato l’Italia dal consesso dei paesi dell’Europa continentale, decretandono la sua arretratezza che, ancora oggi, fatica a colmare.

Le fragilità italiane sono spiegate dalla sua storia; così come l’esigenza, circa ogni ventennio che il Paese riceva una “scossa” che la rimetta in pista e l’aiuti a non regredire, come i processi tendenziali indurrebbero a ritenere. Ecco dunque che quello di cui ho scritto, sia pure trattando argomenti diversi hanno una loro continuità. Ciascuno affronta argomenti che, considerati insieme, restituiscono il quadro di un Paese in affanno permanente, in fondo mai giunto a compiutezza e pieno di vulnerabilità che si manifestano ogni qualvota si affaccia una congiuntura sfavorevole.

Le keywors dei libri sono spesso comuni: ” demografia, povertà, errori e ritardi nello sviluppo, disconoscimento delle vocazionalità territoriali, debolezze sistemiche che incoraggiano le furbizie, i poteri criminali, il “fai da te” e l’arte di arrangiarsi; nonchè un certo disincanto, a volte ironico altre pesantemente repulsivo verso la politica e i suoi rappresentanti. Repulsione che non fa bene al senso civico e abbassa gli anticopri sociali, al punto da allontanare dalla coscienza pubblica i rischi che corre la democrazia, in ragione di questo distacco dalle cose della Res Publica.

 

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